Commento alla foto:
studio delle simmetrie/asimmetrie delle matematiche (matematica1 & matematica2)
matematica1=descrive la fisica
matematica2=astratta
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La trasformata di Langevin
a partire dalle coordinate di Born:
https://en.wikipedia.org/wiki/Born_coordinates#Radar_distance_in_the_small
traduzione:
Nella fisica relativistica, la carta delle coordinate di Born è una carta delle coordinate per (parte dello) spaziotempo di Minkowski, lo spaziotempo piatto della relatività speciale. Viene spesso utilizzato per analizzare l’esperienza fisica degli osservatori che viaggiano su un anello o disco che ruota rigidamente a velocità relativistiche, i cosiddetti osservatori di Langevin. Questo grafico è spesso attribuito a Max Born, a causa del suo lavoro del 1909 sulla fisica relativistica di un corpo rotante. Per una panoramica dell’applicazione delle accelerazioni nello spaziotempo piatto, vedere Accelerazione (relatività speciale) e sistema di riferimento corretto (spaziotempo piatto).
Per esperienza con scenari inerziali (cioè misurazioni in sistemi inerziali), gli osservatori di Langevin sincronizzano i loro orologi rispettivamente mediante la convenzione standard di Einstein o mediante sincronizzazione lenta dell’orologio (entrambe sincronizzazioni interne). Per un certo osservatore di Langevin questo metodo funziona perfettamente. Nelle sue immediate vicinanze gli orologi sono sincronizzati e la luce si propaga isotropa nello spazio. Ma l’esperienza quando gli osservatori cercano di sincronizzare i loro orologi lungo un percorso chiuso nello spazio è sconcertante: ci sono sempre almeno due orologi vicini che hanno orari diversi. Per rimediare alla situazione, gli osservatori concordano una procedura di sincronizzazione esterna (coordinata del tempo t — o per gli osservatori che viaggiano sull’anello, una coordinata del tempo adeguata per un raggio fisso r). In base a questo accordo, gli osservatori di Langevin che viaggiano su un disco rigidamente rotante concluderanno dalle misurazioni di piccole distanze tra loro che la geometria del disco non è euclidea. Indipendentemente dal metodo utilizzato, concluderanno che la geometria è ben approssimata da una certa metrica Riemanniana, vale a dire la metrica Langevin-Landau-Lifschitz. Questo è a sua volta molto ben approssimato dalla geometria del piano iperbolico (con le curvature negative rispettivamente −3ω2 e −3ω2 r2). Ma se questi osservatori misurano distanze maggiori, otterranno risultati diversi, a seconda del metodo di misurazione utilizzato! In tutti questi casi, tuttavia, molto probabilmente otterranno risultati incoerenti con qualsiasi metrica riemanniana. In particolare, se usano la nozione più semplice di distanza, la distanza radar, a causa di vari effetti come l’asimmetria già notata, concluderanno che la “geometria” del disco non solo non è euclidea, ma non è riemanniana.
Il disco rotante non è un paradosso. Qualunque sia il metodo utilizzato dagli osservatori per analizzare la situazione: alla fine si ritrovano ad analizzare un disco rotante e non un sistema inerziale.
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§§§
Langevin observers in the cylindrical chart[edit]
Dall’elemento linea
possiamo immediatamente leggere un campo di frame che rappresenta i frame di Lorentz locali di osservatori stazionari (inerziali).
Qui, e0 (vettore), è un campo vettoriale unitario di tipo temporale mentre gli altri sono campi vettoriali unitari di tipo spaziale; ad ogni evento, tutti e quattro sono mutuamente ortogonali e determinano il sistema infinitesimale di Lorentz dell’osservatore statico la cui linea d’universo passa attraverso quell’evento.
Aumentando contemporaneamente questi campi frame nel file
e3 (vettore) direzione, otteniamo il campo del frame desiderato che descrive l’esperienza fisica degli osservatori di Langevin, vale a dire
Questo frame fu apparentemente introdotto per la prima volta (implicitamente) da Paul Langevin nel 1935; il suo primo uso esplicito sembra essere stato da parte di T. A. Weber, nel 1997! È definita sulla regione 0 < R < 1/ω; Questa limitazione è fondamentale, poiché in prossimità del confine esterno la velocità degli osservatori Langevin si avvicina alla velocità della luce.
Ciascuna curva integrale del campo vettoriale unitario di tipo temporale p0 (vettore)
appare nel grafico cilindrico come un’elica con raggio costante (come la curva rossa nella Fig. 1). Supponiamo di scegliere un osservatore di Langevin e di considerare gli altri osservatori che si muovono su un anello di raggio R che ruota rigidamente con velocità angolare ω. Quindi se prendiamo una curva integrale (curva elicoidale blu in Fig. 1) del vettore base spaziale p3 (vettore) otteniamo una curva che speriamo possa essere interpretata come una “linea di simultaneità” per gli osservatori che viaggiano sull’anello. Ma come vediamo dalla Fig. 1, gli orologi ideali trasportati da questi osservatori che viaggiano sull’anello non possono essere sincronizzati. Questo è il primo indizio che non è così facile come ci si potrebbe aspettare definire una nozione soddisfacente di geometria spaziale anche per un anello rotante, tanto meno per un disco rotante!
Calcolando la scomposizione cinematica della congruenza di Langevin, troviamo che il vettore accelerazione è
Questo punta radialmente verso l’interno e dipende solo dal raggio (costante) di ciascuna linea d’universo elicoidale. Il tensore di espansione svanisce in modo identico, il che significa che gli osservatori di Langevin vicini mantengono una distanza costante gli uni dagli altri. Il vettore di vorticità è
che è parallelo all’asse di simmetria. Ciò significa che le linee d’universo dei vicini più prossimi di ciascun osservatore Langevin si attorcigliano attorno alla propria linea d’universo, come suggerito dalla Fig. 2. Questa è una sorta di nozione locale di “vortice” o vorticità.
Al contrario, si noti che la proiezione delle eliche su una qualsiasi delle spatial hyperslices
T (vettore) = T0 (vettore)
ortogonale alle linee d’universo degli osservatori statici dà un cerchio, che è ovviamente una curva chiusa. Ancora meglio, il vettore base delle coordinate
∂Φ è un campo vettoriale di Killing spaziale le cui curve integrali sono curve spaziali chiuse (cerchi, appunto), che inoltre degenerano in curve chiuse di lunghezza zero sull’asse R = 0. Ciò esprime il fatto che il nostro spaziotempo mostra una simmetria cilindrica e mostra anche una sorta di nozione globale della rotazione dei nostri osservatori Langevin.
In Fig. 2, la curva magenta mostra come i vettori spaziali
p2(vettore), p3 (vettore) girano su e giù p1 (vettore) (che nella figura è soppresso poiché la coordinata Z non è essenziale). Cioè, i vettori p2 (vettore), p3 (vettore)
non sono Fermi-Walker trasportati lungo la linea d’universo, quindi il sistema di riferimento di Langevin ruota così come non -inerziale. In altre parole, nella nostra semplice derivazione del sistema di riferimento Langevin, abbiamo mantenuto il sistema allineato con il vettore base delle coordinate radiali
∂R. Introducendo una velocità di rotazione costante del fotogramma portato da ciascun osservatore Langevin p1 (vettore), se volessimo, potremmo “despin” il nostro frame per ottenere una versione girostabilizzata.
Transforming to the Born chart
Per ottenere la carta di Born, raddrizziamo le linee elicoidali dell’universo degli osservatori Langevin utilizzando la semplice trasformazione delle coordinate
Notare i “termini incrociati” che coinvolgono
dtdΦ, che mostrano che la carta Born non è una carta a coordinate ortogonali. Le coordinate Born vengono talvolta chiamate anche coordinate cilindriche rotanti.
Nella nuova carta, le linee d’universo degli osservatori Langevin appaiono come linee rette verticali. Possiamo infatti trasformare facilmente i quattro campi vettoriali che compongono il frame Langevin nel nuovo grafico. Otteniamo
Questi sono esattamente gli stessi campi vettoriali di prima: ora sono semplicemente rappresentati in un grafico di coordinate diverso!
Inutile dire che, nel processo di “srotolamento” delle linee d’universo degli osservatori Langevin, che appaiono come eliche nella carta cilindrica, abbiamo “avvolto” le linee d’universo degli osservatori statici, che ora appaiono come eliche nella carta Born. ! Si noti inoltre che, come il sistema di Langevin, il grafico di Born è definito solo nella regione 0 < r < 1/ω.
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studio dell’articolo di Einstein della RG
(per un confronto tra la RG e Langevin)
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Dopo questo breve antefatto veniamo allo studio attuale:
Esiste anche in italiano l’articolo di Einstein sulla relatività generale (RG) che è il seguente:
https://www.6viola.it/wp-includes/doc-web/relativita_einstein_italiano.pdf
Va capito, dopo la lettura, che la deduzione delle equazioni di Einstein, non sono nella forma di differenziali totali, come nella soluzione di Schwarzschild, ma alle derivate parziali.
Inoltre, possiamo descrivere con la matematica una qualunque trasformazioni di variabili dalla forma:
(ds)^2= -(dX1)^2 -d(X2) -d(X3) + (c^2)(dt)^2
che diviene:
0=-(dx)^2 -d(y) -d(z) + c(dt)^2
c=[sqrt(dx^2+dy^2+dz^2)]/dt
che mostra il calcolo della velocità della luce.
oppure più in generale:
v=spazio/tempo=d(vettore spazio infinitesimo)/dt
Ma se si suppone che le modificazioni nel sistema remoto (S2), siano diverse del sistema locale (S1), allora, la descrizione NON sarà ottenibile solo con una trasformazione di coordinate!
Dalla soluzione di Scwarzschild, infatti, .. si capisce che va introdotto
un vincolo!
che spieghi come -per esempio- la deformazione temporale si legga in S2, mentre si trova una diversa deformazione temporale in S1 che legga le misure del tempo che avvengono in S2. Ciò genera il “paradosso dei gemelli”: e cioé che un gemello che viaggi rispetto ad S1 (laboratorio) invecchia di meno quando torna sulla Terra.
Tale impostazione è stata verificata SPERIMENTALMENTE con la accelerazione di muoni. I muoni che vengono accelerati hanno un tempo di vita media maggiore secondo la equazione:
t=tau*gamma=τ*γ=tau/sqrt(1-v^2/c^2)
dove t è la scansione del tempo in S1.
dove tau è la scansione del tempo in S2.
Tale “vincolo” è stato accolto da Schwarzschild per la soluzione delle equazioni di Einstein:
Quindi, esiste un vincolo tra le variabili spazio & tempo che genera una deformazione, e per cui NON si può dire che spazio e tempo sono variabili indipendenti nel descrivere un moto di un corpo e la riprova di ciò è nel fatto che con il calcolo tensoriale si può descrivere la trasformazioni di variabili da S1 ad S2 dello spazio, ma non il legame con il tempo in una rappresentazione a 4 dimensioni con base {t, x, y, z} in S1.
Oppure 4 dimensioni con base {τ, r, θ, φ} in S2.
Vedremo come vari autori superano questo problema qui di seguito:
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§1. STUDIO DEL VINCOLO:
t=τ*γ
a volte scritto:
Δt=Δτ*γ
intendendo:
Δt = t-t0 = (τ – τ0)
Quando Δt tende a zero possiamo trovare anche scritto:
dt = dτ*γ
dove
γ = 1/sqrt(1-v^2/c^2);
con t misurato in S1 (laboratorio)
con tau misurato in S2 (remoto in movimento)
Schwarzschild inoltre ipotizza:
F=GmM/r^2
U=GmM/r
Ec=(1/2)mv^2
All’equilibrio tra Energia potenziale, U, ed energia cinetica, Ec, avremo:
U=Ec=[GmM/r]=[(1/2)mv^2]
v^2=2GM/r
Se poniamo che r=rg sia il raggio quando v=c, allora otteniamo:
rg=2GM/c^2; c^2=2GM/rg
r=2GM/v^2; v^2=2GM/r
Da cui
v^2/c^2 = (1/r)/(1/rg) = rg/r
Per cui possiamo anche scrivere:
γ = 1/sqrt(1-rg/r); γ = 1/k
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Con tali posizioni la trasformata (non solo di variabili, ma vincolata) di Schwarzschild è la seguente:
Mappa in S1 (sistema “locale”)
x1=ct
x2=x(t)
x3=y(t)
x4=z(t)
Mappa in S2 (sistema “remoto”)
x1’=cτ
x2’=r(τ)
x3’=teta(τ) = θ (τ)
x4’=fi(τ) = φ (τ)
con in S1:
(ds)^2=g11(d[x1(t)])^2 + g22(d[x2(t)])^2 + g33(d[x3(t)])^2 + g44(d[x4(t)])^2
e quindi equivalentemente:
(ds)^2=g11{d[ct]}^2 + g22{d[x(t)]}^2 + g33{d[y(t)]}^2 + g44{d[z(t)]}^2
con in S2:
con (ds)^2=g11′(d[x1′])^2 + g22′(d[x2′])^2 +g33′(d[x3′])^2 + g44′(d[x4′])^2
e quindi equivalentemente:
(ds)^2=g11′{d[cτ]}^2 + g22′{d[r(τ)]}^2 + g33′{d[teta(τ)]}^2 + g44′{d[fi(τ)]}^2
dove
g11=1
g22=-1
g33=-1
g44=-1
dove
g11’=+(1-rg/r) = +(1-rg/r)=k^2
g22’=-(1/(1-rg/r)) = -(1/(1-rg/r))=-1/k^2
g33’=-r^2 = -r^2
g44’=-r^2(sin[teta]) = -r^2(sin[τ])
—
Per ottenere le gij & le gij’ -dunque- vogliamo mostrare come si può applicare il calcolo tensoriale se si esprime rispetto allo spazio, ma non si può applicare il calcolo tensoriale se ci riferiamo al tempo, proprio perché il vincolo comporta una deformazione nella trasformazione del tempo che sia comparato tra S1 ed S2. Anzi andrebbe specificato che serve un sistema terzo S3, per dire chi rispetto ad S3 sia fermo o sia in moto.
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§2. calcolo dei valori delle g’ij in S2:
metodo dei tensori:
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(ds)^2 = + g11*(dx1)^2 + g22*(dx2)^2 + g33*(dx3)^2; in S1;
che si può particolarizzare:
(ds)^2 = +(c*dt)^2 -(dx)^2 -(dy)^2-(dz)^2; in S1;
vedere la (1) pagina 6 dell’articolo di Einstein sulla RG:
https://www.6viola.it/wp-includes/doc-web/relativita_einstein_italiano.pdf
Mettiamoci nel caso particolare a 3 dimensioni (spaziali):
(ds)^2 = +(dx)^2 +(dy)^2 +(dz)^2; in S1
vedi Amadori Cap. 4 pagina 94.
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fonti di riferimento:
Grazie al testo di riferimento Amadori e Lussardi Cap3 e Cap.4:
fonte originale Cap.3:
https://www.matematicamente.it/staticfiles/relativita/AmadoriLussardi-relativita-cap3.pdf
file sul blog attuale:
https://6viola.it/wp-includes/doc-web/AmadoriLussardi-relativita-cap3.pdf
file originale Cap.4:
https://www.matematicamente.it/staticfiles/relativita/AmadoriLussardi-relativita-cap4.pdf
file sul blog attuale:
https://6viola.it/wp-includes/doc-web/AmadoriLussardi-relativita-cap4.pdf
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**start calcolo dei tensori:
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la formula per i tensori, pag. 79 Amadori Cap.4:
g’_ij= Σh Σk {(∂/∂x’_i [x_h])*(∂/∂x’_j [x_k])}*(g_hk)
Poiché
x=r*cosφ*sinθ=x1
y=r*sinφ*sinθ=x2
z=r*cosθ=x3
base in S1={x1, x2, x3}
—
base in S2={r, θ, φ}
x’1=r
x’2=θ
x’3=φ
Nella formula x_h, x_k sono le variabili in S1
Nella formula x’_i, x’_j sono le veriabili in S2
(ds)^2= g’_11(dr)^2 + g’_22(dθ)^2 + g’33(dφ)^2
dopo le semplificazioni abbiamo solo i termini “diagonali” seguenti:
(1) g’_11= ∂/∂r[x]*∂/∂r[x]*g11 + ∂/∂r[y]*∂/∂r[y]*g22 + ∂/∂r[z]*∂/∂r[z]*g33
essendo:
x=r*cosφ*sinθ=x1
y=r*sinφ*sinθ=x2
z=r*cosθ=x3
∂/∂r[x]=∂/∂r[r*cosφ*sinθ]=[cosφ]*[sinθ]
(∂/∂r[x])^2=[(cosφ)^2]*[(sinθ)^2]
∂/∂r[y]=∂/∂r[r*sinφ*sinθ]=sinφ*sinθ
(∂/∂r[y])^2=(sinφ)^2*(sinθ)^2
∂/∂r[z]=∂/∂r[r*cosθ]=cosθ
(∂/∂r[z])^2 = (cosθ)^2
dalla (1) g’_11= ∂/∂r[x]*∂/∂r[x]*g11 + ∂/∂r[y]*∂/∂r[y]*g22 + ∂/∂r[z]*∂/∂r[z]*g33
sostituendo: con g11=g22=g33=1
g’_11=[(cosφ)^2]*[(sinθ)^2] + (sinφ)^2*(sinθ)^2 + (cosθ)^2
g’_11=(sinθ)^2[(cosφ)^2 + (sinφ)^2] + (cosθ)^2
g’_11=1
cvd
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Si procede in modo analogo con le altre derivate dello spazio, ma non per il tempo.
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§3. dimostrazione del calcolo della deformazione temporale:
metodo dei differenziali totali
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infatti la forma finale sarà:
(4.23) pagina 97 Amadori in S2:
(ds)^2=
(k^2)(c^2)*(dt)^2-(1/k)^2 (dr)^2-(r^2)(dθ)^2-(r^2)*[(sinθ)^2](dφ)^2
in S2;
dove k^2=(1-rg/r)
infatti in S2 abbiamo
(ds)^2 = (c^2)*(dτ)^2 + ..
dove
dt=dτ*(1/k); dτ=k*(dt)
quindi
dτ^2= (k^2)*(dt)^2
cvd.
Nota Bene:
(ds)^2=
[1/(k^2)](c^2)*(dτ)^2-(k)^2 (dr)^2-(r^2)(dθ)^2-(r^2)*[(sinθ)^2](dφ)^2
in S2;
quindi la espressione con i tensori è in dτ, ma investe anche dr
mentre dθ & dφ non risultano modificate dalla scelta t oppure τ
Ma risulta importante la espressione in t, poiché ci permette di descrivere il sistema S2 per come è visto da S1.
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**stop calcolo degli elementi di linea in S2:
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Si può dimostrare che le equazioni in tau, riportate in t, sono le seguenti:
se θ = π/2:
più in generale, per teta qualunque:
I calcoli sono nel seguente articolo:
https://6viola.wordpress.com/2017/11/23/relativistic-plasma-jets-in-black-holes-mathematics/
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Ora possiamo confrontare la trasformazione citata da Cristian Corda:
https://www.6viola.it/wp-includes/doc-web/fisica-Corda-cosmological-red-shift.pdf
ed anche con la citazione su wikipedia inglese:
https://en.wikipedia.org/wiki/Born_coordinates#Radar_distance_in_the_small
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Abbiamo appena dimostrato qui sopra che la soluzione di Schwarzschild non è un mero cambio di variabili dallo spazio S1 allo spazio S2.
Ciò è conseguenza del fatto che le variabili spazio e tempo non sono indipendenti, visto che esiste il vincolo t=tau*gamma=tau/k. Infatti k contiene una relazione ra spazio e tempo, nella v, la velocità.
k=1-v^2/c^2= 1-rg/r.
Da cui, se t=(1/k)τ, il tempo crea un loop in r (v=spazio/tempo) che a sua volta, vede spazio, in r, dipende dal tempo: r=r(t) in S1, ed r=r(τ) in S2.
La “costruzione” di Einstein, secondo Schwarzschild, tuttavia NON fallisce elaborata al computer!
Perché un computer calcola in modo quantizzato!
Grazie alla quantizzazione, dunque, in un singolo intervallo di calcolo, v=v0_i=costante relativa a quella singola quantizzazione.
Alla quantizzazione successiva v=v0_i avrà un valore diverso!
In tal modo abbiamo superato il loop che impedirebbe la calcolabilità.
Va quindi sfatato che il calcolo delle equazioni di Einstein sia osservabile nel continuum e vi sia un gap, un salto di rappresentazione tra il macro cosmo ed il micro cosmo delle strutture sub-atomiche.
La materia & la energia, allora, è infinitesimale oppure quantica?
Nessuna delle 2 ipotesi!
E’ la matematica che ci offre degli strumenti ora di un tipo e ora di un diverso tipo ma entrambe sono approssimazioni.
Ad esempio nel timing del progetto dei processori si schematizza che le salite del cambio di corrente, nella commutazione digitale sia in un transitorio = zero.
Ma nessuno stato fisico può variare a tempo zero, se non come approssimazione.
Vi sarà quindi un transitorio nella commutazione.
Ma se cambiassimo fattore di scala ad osservare i singoli elettroni vedremmo che la materia è quantizzata nel flusso elettronico.
Eppure se aumentassimo lo zoom della osservazione vedremmo che ogni singolo elettrone è relazionato con gli elettroni adiacenti in una sorta di contiuum di stato relazionale.
Questa “logica frattale sensibile al contesto” mostrerebbe quindi “interazione” nel mutare i metodo di migliore approssimazione, che però non sarà mai definitiva, con una base di dati limitata.
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Premesso ciò ora possiamo indagare la trasformata di Langevin, per vedere se esegue una vera descrizione del reale della fisica con Schwarzschild oppure esegue solo una trasformata di variabili.
Si noti che Schwarzschild NON esegue una mera trasformazione di variabili, poiché introduce un vincolo!
Vincolo di Schwarschild coerente con la fisica del nostro universo, U1.
E’ talmente potente la forma di Schwarzschild relazionata con la velocità della luce, che la forma digitale per la luce di Amadori e Lussardi riesce anche a descrive i fotoni che superano la velocità della luce!
Ciò è possibile ed è stato da me dimostrato con simulazione al computer con l’evento del collasso di 2 stelle di neutroni, poiché la forma utilizzata usa un sistema S3, terzo, in ds, oltre ai sistemi (visto nei calcoli qui sopra) detti S1 (laboratorio) ed S2 (solidale al moto dell’ente in movimento).
La struttura di calcolo quindi non simula solo le velocità minori o uguali di v=c, ma anche le velocità e le orbite con v > c, come nel caso tachionico.
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§4. confronto tra la espressione di Langevin e Schwarzschild “rif. elementi di linea”:
Amadori Cap.4, pagina 97:
(ds)^2=
[1/(k^2)](c^2)*(dτ)^2-(k)^2 (dr)^2-(r^2)(dθ)^2-(r^2)*[(sinθ)^2](dφ)^2
in S2;
da wikipedia:
https://en.wikipedia.org/wiki/Born_coordinates#Radar_distance_in_the_small
tenuto conto che ora la trasformazione è cilindrica:
https://it.wikipedia.org/wiki/Sistema_di_coordinate
nuova base in S2: {R, Φ, Z}
dove; x = R*cosΦ; y=R*sinΦ; z=Z;
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Confermiamo la equazione:
dell’elemento di linea in S1 di wikipedia che non cita -però- la costante “c” (che indica la velocità della luce) come correttamente fa Corda nel seguente articolo:
dal link: https://arxiv.org/abs/2203.02282
documento salvato:
https://www.6viola.it/wp-includes/doc-web/fisica-Corda-cosmological-red-shift.pdf
Tuttavia, non è una mera trasformazione di variabili mentre siamo ancora in S1 che consente di avere introdotto le modifiche della soluzione di Schwarzschild nel vincolo relativo al tempo:
t=tau*gamma.
Su questo ho già detto, qui sopra, che bisogna operare in S2, avendo introdotto la deformazione temporale.
Grazie della attenzione.
I commenti alla casella di posta
parmenidea@gmail.com
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AGGIORNAMENTO 12 APRILE 2024, ORE 11.25
Abbiamo già visto -qui sopra- come la (2) di Corda è il classico “elemento di linea” di Einstein nello spazio S1 (locale al laboratorio).
Ora esaminiamo il cambio di variabili di Langevin:
Le espressioni di cambio di variabile indicate nella (3) consentono:
Poiché (r^2)(A+B)^2 = (r^2)(A^2 + B^2 + 2AB):
dove A=dΦ’; B=d(ωt’)
Allora sostituendo nell’elemento di linea di Einstein otteniamo quello di Langevin, che è la
(4) ds^2 = (c^2)(dt’)^2 – (r’^2)(ω^2)(dt’)^2 – 2ω[(r’)^2](dΦ’)(dt’) – (dr’)^2 +
– [(r’)^2](dΦ’)^2 – (dz’)^2
(4) ds^2 = [1 – (r’^2)(w^2)/c^2](c^2)(dt’)^2 – 2ω[(r’)^2](dΦ’)(dt’) – (dr’)^2 +
[(r’)^2](dΦ’)^2 – (dz’)^2
Essendo:
(c^2)(dt)^2=(c^2)(dt’)^2
(dr)^2=(dr’)^2
(dz)^2=(dz’)^2
(r^2)(dΦ)^2=((r’)^2)(d[Φ’ + ωt’])^2=((r’)^2)(dΦ’)^2 +[(r’)^2] (ω)^2 d(t’)^2 + 2ω[(r’)^2](dΦ’)d(t’)
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Tuttavia si tratta di “un cambio di variabili” e quindi la “trasformata di Langevin”, è una trasformazione di variabili!, e NON una trasformazione con il vincolo di Schwarzschild, da cui non tiene conto -Langevin- degli effetti gravitazionali tra S1, ed S2: tra lo spazio locale (in S1), e lo spazio remoto (in S2).
cvd.
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Ma chi ha capito questo?
Purtroppo lo aveva capito Schwarzschild, ma non molti, ancora oggi: 12 aprile 2024.