TESI di Biglino:
“tutte le popolazioni dell’area di Gaza e dintorni adoravano gli Elohim il cui culto prevedeva di uccidere gli innocenti”.
Dimostreremo, qui di seguito, che la TESI di Biglino è FALSA:
dice Biglino nel video seguente:
battaglie di Giosué
lottava contro i 5 principati dei Filistei:
1 Gaza
2 Asdod
3 Ascalon
4 Gat
5 Ekron
a Gaza c’era il tempio del dio Dagon
libro di Giosué, capitolo 17
le tribù di Efraim e Manasse che erano figli di Giuseppe
si lamentano con Giuseppe che dice (capitolo 17):
(*1) minuto 4.09 del video:
“se sei un popolo numeroso sali alla foresta e disboscala per te nel territorio dei Perizzim e dei Refaim, dato che la zona montuosa di Efraim è troppo stretta per voi”.
(*2) minuto 7.15 del video:
Giosuè dice: “Ho conquistato quelle città e non ho lasciato in vita nessun vivente come mi ha ordinato YHWH (Yahweh)”.
Mesha che era il re de i Moabiti, nella sua stele scrive:
“Ho conquistato queste città così come mi ha indicato il mio Elohim Kamosh”.
Dice anche (Mesha) il numero delle persone che ha ucciso compese quindi anche donne e bambini esattamente come facevano gli Israeliti e anche questo mi ricorda quello che drammaticamente avviene ancora oggi, cioé non c’è tutta questa grande differenza tra le vicende di 3000 anni fa e le vicende alle quali assistiamo ora nelle varie guerre dove le vittime innocenti sono considerate un poco come degli effetti secondari, ma -in realtà- sono assolutamente drammatici. Ma la cosa che unisce e che serve da conferma è questa: noi abbiamo la stele di Mesha.
La stele è attribuita intorno all’840 avanti Cristo, quindi abbiamo un documentazione storica di un re dei Moabiti che dice: io ho combattuto contro gli Israeliti, li ho vinti, ho strappato loro quete città e ho votato vittime al mio Elohim(dio) Kamosh.
Il fatto è che Mesha è conosciuto dalla Bibbia. Cioé Mesha è un di quei personaggi storici che sono citati nella Bibbia quindi questo è a ulteriore riprova del fatto che la Bibbia è sostanzialmente un libro di storia, perché ci racconta eventi che trovano, come in questo caso, una rappresentazione “speculare”. Il modo in cui raccontano le conquiste rispettivamente fatte è assolutamente intercambiabile.
Ma c’è un altro fatto che è ancora più importante dal punto di vista della conoscenza delle attitudni oltreché dellaa molteplicità degli Elohim.
Io (Biglino) già nel video precedente dedicato a Gaza avevo citato Jefte.
Jefte era uno dei giudici di Israele, cioé uno di quei personaggi che -pro tempore- hanno governato durante il eriodo della conquista e l’ho citato perché lui discuteva con il suo corrispettivo comandante delle forze avverse e dice:
“le terre che il tuo Elohim(dio) ti ha dato tu te le tieni così come noi ci teniamo le terre che il nostro Elohim(dio) ci ha dato”.
Quindi già li metteva, avevo fatto notare, esattamente sullo stesso piano e questo è importantissimo perché ci fa capire come la Bibbia parli di tanti Elohim, quindi Ehohim sia il plurale, e sia assolutamente giustificato e come la Bibbia parli di Elohim che avevano le stesse attitudini, cioé anche le stesse esigenze, le stesse finalità e le stesse modalità operative.
Ma Jefte fa di più, così poi vediamo il collegamento con Mesha, con il Mesha biblico. Jefte a un certo punto deve combattere una delle sue tante battaglie e non è sicuro di vincere e allora che cosa fa? Siamo nel libro dei Giudici,
(*3)
Giudici nel capitolo 11, dove dice questo: “Jefte fece voto al Signore -cioé (secondo Biglino)(*) – e disse: se tu consegni nelle mie mani gli Ammoniti, chiunque uscirà per primo dalla porta di casa mia per venirmi incontro quando tornerò vittorioso dagli Ammoniti sarà per Yahweh e io lo offrirò in olocausto”.
Cioé dì a Yahveh: se tu mi aiuti in questa battaglia contro gli Ammoniti e mi fai tornare vittorioso, io faccio una cosa che ti piace tanto, ti brucio la prima persona che mi viene incontro uscendo da casa mia.
Lui vince gli Ammoniti, la prima persona che gli viene incontro quando lui torna a casa è la sua figlia non solo primogenita, ma unica figlia. Lui ovviamente le racconta qual è il voto che ha fatto a Yahveweh, lei lo accetta e dice: lasciami solo il tempo di andare sui monti a piangere la mia verginità e quando torna, cioé “alla fine dei due mesi, tornò dal padre ed egli compì su di lei il voto che aveva fatto”. Quindi se Jefte promette a Yahweh in cambio del suo aiuto di bruciargli una persona è perché Yahweh gradiva particolarmente quei doni, altrimenti nessuno si sogna di fare un dono simile soprattutto dicendo: ti brucio la prima persona che esce da casa mia, quindi sapendo che sarebbe stato con ogni probabilità un suo famigliare.
Qundi questo ci da l’idea veramente delle attitudini di questi Elohim confermate da Mesha perché la Bibbia conosce il re Mesha, il re dei Moabiti, ne parla nel secondo libro dei re: gli viene dedicato in sostanza quasi un intero capitolo, sì il capitolo 3 e quindi qui abbiamo una conferma perché abbiamo la Bibbia che parla del re Masha e l’archeologia ha trovato la stele del re Mesha e quindi l’archeologia conferma il racconto biblico, ma c’è di più. Mesha anche lui deve combattere battaglie, l’abbiamo letto l’altra volta, ci fa anche il nome delle città, dei centri abitati che riesce a strappare agli Israeliti perché così gli ha ordinato i un Elohim di nome Kamosh ma ad un certo punto si trova in forte difficoltà e cioé si trova assediato e allora cosa fa? Ascoltate bene. Siamo nel capitolo 3 del secondo libro dei re: “Allora Mesha prese il figlio primogenito che doveva regnare dopo di lui e lo offrì in olocausto sulle mura”, cioé lui prende il suo figlio primo genito e lo offrì in olocausto sulle mura”, cioé prende il suo figlio primo genito e lo brucia al suo Elohim, esattamente come ha fatto Jefte con la sua primogenita che ha bruciato all’Elohim di nome Yahweh. Anche in questo caso, diciamo questo atto particolarmente gradito agli elohim sortisce il suo effetto “si scatenò una grande ira contro gli Israeliti che si allontanarono da lui e tornarono nella loro terra. Anche in questo caso lui chiede aiuto al suo Elohim, per chiedere aiuto gli fa un dono graditissimo, cioé gli brucia addirittura il suo figlio primo genito e qui si dice che si scatenò una grande ira, in realtà il termine ebraico si presta a diverse interpretzioni e a diverse chiavi di lettura: una di queste per esempio parla di una schiuma (di rabbia), non si capisce bene, viene normalmente tradotto con ira, con rabbia, comunque qualcosa si è scatenato contro gli Israeliti, che stavano per attaccare, stavano per vincere contro il re Mesha e questi Israeliti se ne vanno, sono costretti ad andarsene e ad abbandonare il combattimento, quindi siamo all’interno di racconti che si confermano l’uno con l’altro. Abbiamo un personaggio storico citato dalla Bibbia e l’archeologia ha trovato una stele che quel personaggio storico ha fatto scrivere. […]
fonti:
Gaza e il ritorno degli Elohim | Mauro Biglino
https://www.youtube.com/watch?v=aIWNoN-qWwg
telegram: (sa defenza)
https://t.me/c/1429977156/274773
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ANALISI:
(*1)’ confermato nel capitolo 17, versetto 17 e seguito.
con la correzione “Giosué disse allora ai discendenti Giuseppe, Efraim, e Manasse […]
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cit on (*2)
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(*2)’ vi fu un giudizio di Dio: citato nel capitolo 7 dei libri di Giosué:
Infatti è scritto (7, 15 e seguito):
(7,15) “(Dio dice a Giosué: 7, 15 e seguito): Domani vi accosterete all’Arca per tribù […]
chi sarà trovato reo verrà dato alle fiamme, lui e tutto ciò che gli appartiene, poiché ha violato il patto del Signore ed ha commesso una abominazione in Israele”.
(ndr1):
Il Signore non aveva detto di fare del male al colpevole, come -del resto aveva prescritto “nessuno tocchi Caino”. Infatti la prescrizione era stata: (Giosué 7,12: “Io non starò con voi, finché voi non avrete *rimosso* l’interdetto di mezzo a voi”).
(ndr2):
quindi non aveva prescritto nessuna lapidazione, che avrebbe violato il comandamento -non uccidere- dato al predecessore di Giosué che era Mosè)
(7,25) Poiché tu hai fatto del male a noi, il Signore fa del male a te in questo giorno. E tutto Israele lapidò lui e tutti i suoi, poi li dettero alle fiamme, (26) Ammassò sopra di lui un grande mucchio di pietre che esiste ancora oggi. Così si placò lo sdegno del Signore. Per tal motivo quel luogo fu chiamato Valle di Acor, fino al presente.
(ndr3):
Quindi c’è da distinguere il *testuale* delle prescrizioni di Dio, con la interpretazione *IMPERFETTA* che ne trae il popolo di Israele e altri interpreti tra cui Biglino (Nome di Dio che Biglino chiama impropriamente Elohim che era il nome dato a Dio, prima che Mosé chiedesse il Nome a Dio, che sarebbe stato YHWH).
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cit off (*2)
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(3)’
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cit on (*3)
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fonte del testo seguente:
https://www.retesicomoro.it/figlia-iefte-terribile-voto-padre/
Ma l’anomalia più importante che si vuole segnalare non è tanto questa stupidità di Iefte, quanto il fatto che, oltre all’irreligiosità del voto per non aver confidato nell’azione dello spirito, si aggiunge anche l’idolatria. Come si dirà meglio tra breve,
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giurare un sacrificio umano non solo è incompatibile agli insegnamenti della Torah (Lv 20,2-5),
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ma è un atto conforme al culto degli dèi stranieri: il dio ammonita Molok, infatti, come attestato in Lv 18,21, ammette il sacrificio umano come medium per accaparrarsi l’assistenza speciale della divinità. Detto in breve, il voto di Iefte non soltanto è un atto irreligioso e infedele, non soltanto è un atto superficiale e abnorme, ma è soprattutto un atto opportunista e idolatrico. D’altra parte, questo frammento non è altro che la parte di una vicenda triste di Iefte: proprio lui, che era stato vittima dell’opportunismo del suo popolo, non può fare a meno di vivere le sue relazioni, compresa quella con Dio, in maniera opportunistica, ritenendo più conveniente rinunciare ai propri valori e accettare compromessi, pur di raggiungere il proprio tornaconto. Il paradosso, con una punta di ironia, di questa vicenda è il fatto che Iefte crede di fare un atto religioso per YHWH d’Israele, ma in realtà non si accorge di fare il gioco di Molok di Ammon. Egli fa un voto che è più gradito al dio del popolo che vuole sconfiggere: sebbene gli ammoniti verranno sconfitti, in realtà, ironicamente, sarà lui a risultare asservito al dio di Ammon al quale aveva inconsapevolmente reso culto. Parafrasando la celebre locuzione oraziana – Grecia capta ferum victorem cepit – potremmo dire: gli ammoniti, vinti da Iefte, finirono per conquistare il loro vincitore. Il cavallo di Troia è, appunto, il voto, che nella sua innocua apparenza di atto religioso dà agio all’idolatria.
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cit off(*3)
(ndr4):
Inoltre c’è da mettere in rilevo il seguente fatto:
Giudici, (11,3 e seguito):
“Tu non devi essere erede della casa di Nostro Padre, giacche sei nato da altra donna (una meretrice).”
Poi vi è la richiesta di reintegro, ma Jefte, ha vissuto come un separato, e contaminato da altri culti idolatri. Ciò gli causa la tipologia di fare un voto di uccidere la propria figlia, la cui modalità è in contrasto con il decalogo.
cvd.